La donzelletta vien dalla campagna, In sul calar del sole...
Dovetti impararla tutta, non capivo effettivamente il motivo.
Ore ed ore a giocare con gli amici, correre con le bici (non volevo fare la rima), prendere un bel Super Santos, che manco il tempo di scriverci i nostri nomi sopra era già bucato dalle spine delle piante. Acchiapparello, strada ghiacciata, poliziotti e ladri, schiaccia 7, palla avvelenata, nascondino, che finiva sempre a botte, un due tre stella! Ecco. Mi sono perso tanti pomeriggi così, solo per capire cosa voleva dire uno storpio forse alcolizzato depresso e anche perverso (anche stavolta non volevo fare la rima) con tanti problemi di autostima che nemmeno il caro buon Monty (Marco Montemagno) avrebbe potuto riprenderlo un pò. Nemmeno con 10 ore di lezione.
E ribadivo ancora e ancora ma perché la maestra ci impone di vedere le cose in modo diverso, perché dobbiamo guardare la vita dal suo punto di vista. Siamo piccoli, abbiamo ancora tempo per capire cos'è la delusione di un amore.
Ma poi non era possibile che dovevamo attendere un solo giorno della settimana per goderci le cose belle. Per noi era normale correre nei cortili con il pallone e urlare che eravamo i più forti, era normale farlo tutti i giorni della settimana. Un giorno si e l'altro pure. Sì, giocando tutti i giorni insieme.
Ed ogni giorno volevamo sempre qualcosa di più. Non ci accontentavamo dei soliti giochi, di correre dietro ad un pallone e gridare la squadra del cuore (altra rima involontaria, giuro!). Noi volevamo qualcos'altro. Volevamo crescere e onestamente, non avevamo capito che stavamo facendo un errore. Stavamo bruciando le tappe. Tutto troppo in fretta. Avevamo perso il desiderio di volere le cose. Quella felicità di dire: che bello oggi andiamo sulle giostre! Ormai era persa, consumata.
Quella gioia umana che si manifesta nel piacere dell'attesa irraggiungibile l'avevamo persa, se non fosse stata quella maestra che c'impose di imparare Il sabato del villaggio...