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Facciamoci due Domande: Greta Thunberg e il "Venerdì per il Futuro".

By Pubblicato Marzo 15, 2019

Ok, ogni tanto internet, invece di essere il solito portavoce di cattive notizie, riesce addirittura a sorprendermi. Anzi no, non è corretto, in realtà questa volta a sorprendermi è stata la parte del pianeta più "giovane" e quindi, si penserebbe, meno "matura" o "inesperta". Notizia delle notizie, infatti, questo 15 Marzo, proprio oggi, gli studenti di moltissime scuole al mondo hanno deciso di scendere in piazza a scioperare durante quello che è stato ribattezzato il "Venerdì per il Futuro", cercando di evitare ciò che le politiche per l'ambiente fin'ora non hanno evitato per nulla. Buone nuove, dunque, rispetto al mondo dei giovani che, di norma, viene citato dalla stampa, ed in buona parte anche dalla storia contemporanea, come un mondo piuttosto incline alla nullafacenza se non, peggio, al vero e proprio degrado.

Ma come nasce questo sciopero? Beh, in verità questa è notizia un po' vecchia oramai, e chiunque non eviti ogni fonte di informazione al mondo, la conosce perfettamente. Si tratta  della storia di Greta Thunberg, la studentessa sedicenne svedese la quale, dopo aver scioperato per circa un mese davanti al parlamento di Stoccolma al grido di "Skolstrejk för klimatet" (Sciopero della Scuola per il Clima) ha, il 21 Febbraio scorso, tenuto un discorso piuttosto duro davanti alla commissione dell'UE portando, anche attraverso i suoi sociale, l'attenzione del pubblico sull'argomento (troppo spesso trascurato da chi di dovere) della salvaguardia dell'ambiente.

Ecco spiegato come nasce l'attuale sciopero sull'ambiente della piccola Thunberg che, attraverso i suoi social, ha letteralmente spostato l'attenzione di tutto il pubblico sulle sue argomentazioni fino ad arrivare a una collettiva presa di coscienza (principalmente giovanile) sfociata poi nell'attuale sciopero studentesco. Ovviamente, in quanto sciopero mondiale, questo è un'argomento che tocca anche la nostra cara vecchia Italia, la quale scenderà in piazza nel suo elemento più giovanile, gli studenti, ma anche in tutti coloro che, come insegnanti dirigenti e personale ATAC, vorranno partecipare a questo ormai fondamentale evento.

Ma a questo punto, per come oramai tutti voi avrete imparato a conoscermi, vorrei che ci facessimo due domande sull'argomento. Come ho già detto, a scanso di fraintendimenti, nulla di quello che ho letto e visto riguardo a questo sciopero merita una qualche critica in nessunissimo caso; e lo stesso discorso fatto dalla piccola Greta (anche se poi tanto "piccola" non si è rivelata) alla commissione mi ha molto colpito e ha acceso anche in me la voglia di fare qualcosa per cambiare le cose, dal momento che lei stessa sta dimostrando quanto sia possibile farlo. Ma qui serve un ma per quel che riguarda una certa fetta della nostra cara penisola la quale, come quasi sempre accade, si concentra più sulla caccia allo scandalo politico che su altro. Sto parlando, per chi non lo sapesse, di come il nostro ministro dell'istruzione sia stato accusato di opporsi alla suddetta manifestazione per aver scritto di come le scuole, nonostante lo sciopero, sarebbero rimaste comunque aperte. Ora, io mi chiedo, era veramente necessario portare l'attenzione su questo semplice commento? Per come la vedo io sarebbe stato molto più semplice, ed in una certa misura anche più onesto, scrivere solamente di quanto fosse straordinaria e importante tutta la storia, già abbastanza potente di per sé anche senza dover andare a rimestare sempre nel solito scandalo che poi scandalo non è. Infine, come ormai mi sto abituando a fare, vorrei lasciarvi con un'ultima domanda proprio su tutta questa retorica politica e giornalistica: non siete anche voi stanchi di ascoltare continuamente buonismo politico vomitato fuori dai vari media semplicemente perché "se-la-causa-è-buona-sembrerò-buono-anch'io-a-parlarne-bene"? Non so voi, ma io preferirei più serietà e meno gossip, magari così una studentessa sedicenne non dovrebbe marinare la scuola per insegnare a chi di dovere come fare il proprio lavoro.

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