Ed anche oggi, come di consueto (o almeno come diventerà consueto nelle prossime settimane) passiamo a parlare di un po' di cose interessanti in campo di scienze e benessere. Oggi, infatti, ci sono buone nuove dal campo della ricerca, dato che, notizia degli ultimi giorni, pare che un team di ricercatori nostrano, e precisamente quello della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) coordinata da Domenica Bueti, abbia infine scoperto come il nostro cervello incamera i ricordi. Nulla di complicato, potrebbe venire da dire ad alcuni, eppure a quanto sembra il discorso è ben più complesso di quello che si potrebbe pensare. Pare infatti che rispetto ai ricordi il cervello abbia un'intera zona dedicata solo alla memorizzazione, posta vicino alla Corteccia Supplementare Motoria (parte del cervello posta nel Lobo Frontale atta alla memorizzazione di stimoli visivi motori), la quale, se stimolata, reagisce nella sua parte posteriore per i ricordi della durata più breve e nella sua parte anteriore per quello che riguarda ricordi della durata più lunga. Inoltre, da questo studio, emerge che due sono principalmente i fattori che influiscono sulla percezione del tempo: l'organizzazione della corteccia, da un lato, che posiziona fisicamente i ricordi con durate simili più "vicini" tra loro; e la selettività, dall'altro, che influisce sulla risposte delle zone stesse, le quali reagiscono solo a stimoli di una certa durata.
Ed adesso voi mi potreste chiedere: si, tutto molto interessante, ma a che pro tutto questo studio? Beh, in verità, al di là del semplice interesse per la notizia in sé, c'è da dire che l'argomento "tempo" è qualcosa che ha sempre affascinato molti, e che è, al di là di tutto, abbastanza affascinante. Che l'esperienza del tempo sia creata dalla mente è, per molti (se non per tutti), un fatto, ed è pur vero che per tutti noi il trascorrere del tempo sia, nello stesso modo, una realtà assodata. Eppure diversi fattori possono disorientare il cervello rispetto alla memorizzazione di un evento. Ad esempio, secondo alcuni studi, un po' più vecchi di quello della SISSA, sia le Emozioni che le Malattie possono incidere sulla percezione che abbiamo del tempo e, quindi, sulla memorizzazione dei ricordi. Se è vero, infatti, che nel primo caso le emozioni, soprattutto se intense, generano una quantità maggiore di ricordi, rendendo la percezione di un evento di una certa durata molto più lungo di quanto in realtà non fosse; nel secondo pare che anche una semplice influenza possa velocizzare la percezione che abbiamo del trascorrere delle ore.
La percezione del tempo è, dunque, non solo una questione culturale, ma sopratutto fisica, legata alle strutture sensoriali e motorie del cervello, al punto di mescolarsi, qualche volta, in una strana sinestesia. Per sinestesia, in campo medico, si intende la situazione nella quale un certo soggetto, percependo uno stimolo appartenente ad una certa sfera sensoriale come appartenente anche a una sfera sensoriale ad essa concomitante. In pratica, com'è vero che alcune persone sono capaci di percepire, ad esempio, i suoni come colori (concomitanza di sfera visiva ed auditiva), è anche vero che alcuni soggetti (circa 1 su 5 al mondo) siano capaci di "vedere" il tempo non come un orologio, bensì come un cerchio od una spirale che si dipana davanti a loro.
Per chiudere con una citazione dotta, possiamo dunque dire, rispetto alla relatività del tempo, qualcosa che fu detta tempo fa da uno che di relatività se ne intendeva. Albert Einstein, infatti, rispetto alla sue leggi sulla relatività, spiegava: "Quando un uomo siede un'ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività.".